Per la terapia della BPCO vale la regola del “tre in uno”

  • A disposizione da oggi una triplice terapia in un unico device, in monosomministrazione giornaliera.
  • Le tre molecole - fluticasone furoato, umeclidinio e vilanterolo - hanno dimostrato di ridurre le riacutizzazioni della malattia, i ricoveri ospedalieri e, per la prima volta in uno studio clinico, il rischio di morte.
  • La BPCO rimane un grave problema sociale. Colpisce a livello globale 384 milioni di persone, oltre l'11% della popolazione.
  • Tra le grandi malattie croniche è l'unica in costante crescita. Studi condotti tra il 1970 e il 2002 negli Stati Uniti hanno dimostrato che mentre i tassi di decesso per cardiopatia e ictus si sono più che dimezzati, quelli per BPCO sono addirittura raddoppiati.

Milano, 12 marzo 2019 - Tre molecole. Fluticasone furoato, umeclidino e vilanterolo, vale a dire due broncodilatatori e un cortisonico. In termini tecnici un LABA, un LAMA e un ICS, tutti racchiusi un unico erogatore, l'Ellipta, per il cui utilizzo servono tre semplici mosse: si apre, si inala e si chiude. E' la nuova triplice terapia di GSK indicata per i pazienti affetti da broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) nelle forme moderate e gravi, disponibile in regime di rimborsabilità da sabato scorso. Si tratta della prima combinazione fissa di tre molecole a lunga durata d'azione in monosomministrazione giornaliera, con la quale GSK amplia ulteriormente il proprio portfolio. E lo fa nell'anno in cui festeggia il mezzo secolo di storia nel settore respiratorio: tanto è infatti passato dalla disponibilità del Ventolin. Anni contrassegnati da un'evoluzione importante nella ricerca e nell'approccio terapeutico che oggi guarda alla personalizzazione della cura: un approccio quasi "sartoriale" che si base sulle caratteristiche del paziente.

La BPCO

La BPCO rimane un problema sociale non di poco conto. E non solo perché si avvia a diventare la quarta causa di morte sul pianeta: è una delle poche malattie croniche maggiori per le quali i tassi di mortalità sono ancora in aumento. Studi condotti tra il 1970 e il 2002 negli Stati Uniti hanno dimostrato che mentre i tassi di decesso per cardiopatia e ictus si sono più che dimezzati, quelli per BPCO sono addirittura raddoppiati, con un trend in crescita, per la continua esposizione a fattori di rischio, in primis il fumo, e per l'invecchiamento della popolazione mondiale. Per dare un parametro numerico e capirne le dimensioni, nel 2010 le stime parlavano di 384 milioni di persone affette nel mondo, con una prevalenza globale dell'11,7%, a carico soprattutto degli uomini. In Italia è ragionevole pensare che la BPCO interessi il 10% della popolazione, con un grande warning: i pazienti si presentano dallo specialista in una situazione già parzialmente compromessa. In questo quadro in chiaro scuro dove le ombre continuano a prevalere sulle luci, i progressi della ricerca hanno fortunatamente consentito ai clinici di contare su farmaci che assicurano, come detto, una più efficace personalizzazione della terapia. "La BPCO è una malattia complessa ed eterogenea - spiega il prof. Giorgio Walter Canonica, Professore Straordinario di Malattie dell'Apparato Respiratorio, Humanitas University di Milano - Complessa perché presenta diverse componenti con interazioni dinamiche non lineari. Eterogenea perché non tutte queste componenti sono presenti in tutti i pazienti o, nello stesso paziente, in tutte le fasi della malattia. Questa complessità dinamica ed eterogenea spiega e giustifica la necessità di un approccio focalizzato a migliorare la valutazione, il trattamento e gli esiti. I singoli pazienti possono aver bisogno di approcci di trattamento differenti nei diversi stadi della malattia. Se, per esempio, un paziente rimane sintomatico seguendo un trattamento broncodilatatore con un LABA o con un LAMA, occorre decidere se iniziare una terapia duplice LAMA/LABA o LABA/ICS. Detto ciò, la terapia farmacologica della BPCO è finalizzata a ridurre i sintomi, la frequenza e la gravità delle riacutizzazioni e allo stesso tempo migliorare lo stato di salute, condizioni che variano appunto da un paziente all'altro". In alcuni di questi la malattia è caratterizzata da un progressivo declino della funzionalità polmonare, frequenti riacutizzazioni e scarsa qualità della vita, che portano ad un alto rischio di mortalità prematura. "Alla BPCO - prosegue il prof. Canonica - sono associate diverse comorbidità, principalmente cardiovascolari o metaboliche. Al momento, i broncodilatatori e i corticosteroidi rappresentano il trattamento principale, per la loro efficacia ben dimostrata nel miglioramento delle due componenti della malattia: anomalie funzionali (ostruzione delle vie aeree e iperinflazione polmonare, responsabili dei sintomi respiratori) e infiammazione cronica delle vie aeree". I documenti internazionali suggeriscono un approccio del trattamento farmacologico basato sulla gravità, a partire da un broncodilatatore a lunga durata d'azione (un beta2-agonista a lunga durata d'azione, LABA o un antagonista antimuscarinico a lunga durata d'azione, LAMA) e andando ad una combinazione LABA/LAMA o una combinazione comprendente un corticosteroide inalatorio associato a un LABA (ICS/LABA) in presenza di sintomi persistenti o riacutizzazioni. "La cronicità della BPCO - dice il prof. Francesco Blasi, Ordinario di Malattie dell'Apparato Respiratorio all'Università degli Studi di Milano - mina nel tempo la qualità di vita dei pazienti, gradualmente compromessa dal persistere dei sintomi tipici e, nella sua progressione, dalla comparsa di riacutizzazioni, fenomeni che colpiscono circa il 30% dei malati. La mancata risoluzione della sintomatologia, unita alla bassa aderenza e alla comparsa di riacutizzazioni, porta nel tempo i pazienti ad adottare un incremento della terapia. Le triplici combinazioni rappresentano il passo successivo per i pazienti che rimangono sintomatici o presentano riacutizzazioni malgrado il trattamento con broncodilatatori di mantenimento o con corticosteroidi inalatori (ICS)/agonista dei recettori beta2-adrenergici a lunga durata d'azione (LABA). E' stato stimato che circa il 24% dei pazienti che al momento della diagnosi inizia il trattamento in mono o in duplice terapia inalatoria, riceve uno step-up alla triplice terapia a ventiquattro mesi dalla diagnosi". La triplice in un unico device e in monosomministrazione è l'ultima novità che ai dati di efficacia, dimostrata dagli studi clinici, e di semplicità di assunzione, evidenziata dal 98% dei pazienti che hanno avuto modo di utilizzare l'ELLIPTA, l'erogatore di GSK per tutti i farmaci respiratori, potrebbe anche garantire una maggiore aderenza alla terapia. Aderenza che è uno dei nodi da sciogliere: i dati OSMED ci dicono che pur in presenza di una malattia cronica grave come la BPCO la compliance si attesta sotto il 20%.

Lo studio IMPACT

Lo studio IMPACT ha permesso di verificare l'efficacia della triplice terapia presentata oggi. "L'IMPACT, che sta per InforMing PAthway of COPD Treatment - afferma il prof. Alberto Papi, Ordinario di Malattie dell'Apparato Respiratorio dell'Università degli Studi di Ferrara - è il primo studio a confrontare direttamente tre classi di trattamento combinato per la BPCO comunemente utilizzate. In questo trial, che ha preso in esame oltre 10.000 pazienti, fluticasone furoato/umeclidinio/vilanterolo, (FF/UMEC/VI 100 / 62,5 / 25mcg) hanno dimostrato di essere superiori rispetto alle due differenti classi di doppia combinazione, fluticasone furoato/vilanterolo (FF/VI) e umeclidinio/vilanterolo (UMEC / VI), sia per quanto riguarda l'endpoint primario, la riduzione del tasso annuale di riacutizzazioni moderate / gravi in corso di trattamento, sia per una serie di altri risultati clinicamente importanti, tra cui la funzionalità polmonare e la qualità della vita. E' stata evidenziata una riduzione statisticamente significativa del 34% dei ricoveri dovute a riacutizzazioni gravi di chi era trattato con la triplice rispetto ad umeclidinio/vilanterolo e una riduzione del 13% rispetto a fluticasone furoato/vilanterolo". "Una delle caratteristiche importanti di questo studio - sottolinea ancora il prof. Papi - oltre naturalmente al chiaro vantaggio della triplice rispetto alla doppia combinazione è che ha preso in esame pazienti ad elevato rischio di riacutizzazioni". "GSK è al momento l'unica azienda a vantare soluzioni terapeutiche per tutte le patologie respiratorie - afferma Andrea Rizzi, direttore medico dell'area respiratoria dell'azienda - Il dato differenziante è però il percorso di ricerca che ha portato a questi risultati e cioè lo studio dei farmaci partendo dai bisogni dei singoli pazienti. Il nostro percorso nella real life è iniziato un paio d'anni fa con lo studio Salford, sia in asma che in BPCO, del quale abbiamo parlato lo scorso anno e di cui potete trovare riscontri sul nostro sito www.gsk.it. Lo studio IMPACT, pubblicato sul New England Journal of Medicine, una delle riviste biomediche più prestigiose al mondo, è una ulteriore tappa lungo questa strada, con l'inclusione anche di pazienti con co-morbilità (cardiovascolare, diabetica, con storia di asma), generalmente sempre esclusi dai mega trial. Anche in questo caso - prosegue Rizzi - si è trattato di uno studio coraggioso, i cui risultati ci hanno però dato ragione e soprattutto hanno dato ragione ai pazienti. Nello studio, la triplice terapia ha infatti raggiunto l'endpoint primario dimostrando di ridurre significativamente il tasso annuale di riacutizzazioni moderate / gravi, oltre che di migliorare la funzionalità polmonare e la qualità della vita. Ma quello che ha stupito positivamente è stata soprattutto la riduzione significativa del rischio di mortalità per tutte le cause, osservata per entrambi i bracci contenenti corticosteroidi inalatori rispetto alla combinazione umeclidinio/vilanterolo, che nel caso della triplice rispetto a umeclidinio/vilanterolo si è attestata al 42,1% in meno".

ITA/CPD/0006/19